Recensione volume “Imparare l’ottimismo. Come cambiare la vita cambiando il pensiero” di Martin E. P. Seligman, Giunti Editore S.p.A., Firenze-Milano, 2005.
A cura di Albertina Pretto
Martin Seligman è un autorevole scienziato che opera in ambito psicologico: è professore di Psicologia all’Università della Pennsylvania e direttore del Positive Psychology Center presso la stessa università. Tra i molti altri incarichi ricoperti, nel 1998 è stato eletto presidente dell’American Psychological Association (APA) ed è stato fondatore e direttore del Prevention and Treatment Magazine (il giornale elettronico dell’APA). Se Seligman non fosse tutto questo, forse non avrei comprato il suo libro perché non ne apprezzo il titolo, così come non apprezzo i titoli analoghi a questo, ossia quelli che sembrano promettere una vita diversa in un batter di ciglia o risultati miracolosi tramite una formula magica ad effetto immediato. Tuttavia, e nonostante il titolo, anche Seligman è della mia stessa idea riguardo alle panaceee poco realistiche: a suo avviso, infatti, non possiamo cambiare e migliorare noi stessi “attraverso stupidi stratagemmi, come fischiare un allegro motivetto o declamare banalità (‘Ogni giorno, in ogni modo, starò sempre meglio’)”, ma possiamo farlo “apprendendo un nuovo set di abilità cognitive” (p. 17).
Seligman spiega in modo chiaro cosa siano l’ottimismo e il pessimismo e come quest’ultimo possa condizionare negativamente (e a volte drasticamente) la nostra vita. Ci offre semplici test di valutazione del nostro modo di pensare e tecniche per porre rimedio al pessimismo: “i pessimisti possono imparare infatti ad essere ottimisti: Non si tratta di fantasie consolatorie, ma di vere e proprie abilità, individuate nei laboratori scientifici e nelle cliniche dei più autorevoli psicologi e psichiatri, tutte sottoposte a rigide procedure di controllo sperimentale” (p. 17).
Nonostante il testo sia basato su dati e letteratura scientifica, è scritto in modo divulgativo e comprensibile per chiunque. Peccato per il titolo ma, fortunatamente, il libro è molto valido e se ne possono trarre utili spunti da applicare nel coaching.