Recensione del volume “Il vaso di pandoro. Ascesa e caduta dei Ferragnez” di Selvaggia Lucarelli edito da PaperFIRST 2024.
Di Matteo Noè
Il testo in esame si distingue nettamente da quelli che solitamente vengono trattati in questa rubrica e, a prima vista, sembra lontano dal tema del Mental Coaching. Tuttavia, proprio per questo motivo, offre spunti di riflessione significativi sui social media e sulla loro influenza nella nostra vita, sul modo in cui ci poniamo e sulla percezione di noi stessi e degli altri. Le parole contenute in questi capitoli, a mio avviso, offrono al lettore l’opportunità di riflettere sugli eventi e sugli errori dei protagonisti. Come afferma l’autrice: “I Ferragnez, fin dal giorno uno, convertono la propria esistenza (o almeno buona parte di essa) in un contenuto costante e infinito che a sua volta si trasforma in contratti e denaro” (p. 49).
Il principale insegnamento che emerge da questo testo riguarda l’importanza fondamentale della comunicazione, soprattutto nella vita di un personaggio pubblico, ma anche nell’esistenza di ognuno di noi. Attraverso la comunicazione, è possibile far conoscere agli altri chi siamo, celebrare le nostre qualità e le nostre opere. Tuttavia, se gestita in modo inappropriato, essa può diventare un’arma a doppio taglio, capace di abbatterci ancora più rapidamente di quanto ci abbia aiutato a raggiungere il successo.
Particolarmente interessante e rilevante per la storia narrata è la citazione di Jean Starobinski, con la quale l’autrice apre il testo, stimolando il lettore a proseguire nella lettura: “Vi è un lato oscuro del dono, nella carità, nella beneficenza che deriva dal loro essere un prodotto della disuguaglianza: l’accumulo della ricchezza permette ai privilegiati di presentarsi come generosi elargitori di benefici che creano in chi li riceve un sentimento di gratitudine, che a sua volta si trasforma in accettazione della disparità” (p. 15).
Se queste riflessioni hanno suscitato in voi un po’ di curiosità, non vi resta che leggere questo libro. Prima di lasciarvi alla lettura, però, vi propongo una domanda su cui riflettere: “Cosa sarebbe potuto cambiare per i Ferragnez se avessero scelto di affidarsi a un Mental Coach? E come quest’ultimo avrebbe potuto influire sulle loro prestazioni, decisioni e, in definitiva, sull’intera loro vita?”