Belli, i vent’anni.
Quel periodo di tempo in cui si è abbastanza grandi per poter accedere a molti privilegi della vita da adulti, ma ancora abbastanza piccoli per non essere costretti a farsi carico di tutte le responsabilità e dello stress da perdita prematura di capelli.
Si inizia a fare i primi passi verso la maturità e la consapevolezza di cosa si vuol diventare, degli obiettivi da conquistare, delle avventure da assaporare.
Apparentemente, si torna ad essere di nuovo dei neonati: il mondo fuori sembra così surreale, ricco di aliene opportunità da cogliere e sfide da affrontare ogni giorno.
Lo si vuole afferrare quel mondo, lo si vuole prendere, sbranare, spolpare fino all’osso per assimilarne ogni singola particella di esistenza, esperienza e occasione. Per non lasciarsi sfuggire nulla e salire su ogni treno che si ferma sulla personale e frenetica stazione di sogni e di pensieri.
O, perlomeno, è quello che ci si aspetterebbe.
Su circa due miliardi di adolescenti in tutto il mondo, mai nella storia un numero così alto, vi sono molti ragazzi e ragazze che fanno fatica ad essere protagonisti di questo enorme palcoscenico di possibilità, rifugiandosi in un ruolo secondario, abbracciando l’idea di essere semplici comparse del loro stesso spettacolo.
Come canne al vento, si muovono disillusi e navigano senza meta nel mare nostrum delle occasioni perdute e delle aspettative disattese. Non solo non si sentono aggressori del mondo, ma si fanno aggredire da esso, senza porre alcuna opposizione.
Noi, come Coach, abbiamo il compito di essere dei “pescatori di talenti” e di accogliere e guidare questi adolescenti, al fine di far accrescere in loro la giusta fiducia e la voglia di prendere in mano la propria vita, facendone qualcosa di significativo.
Il Coach deve essere in grado di portare il giovane marinaio a tracciare la propria rotta, la propria meta, facendolo riappropriare di quella motivazione salda per poi trasformarla in carburante, dando energia ad ogni ambito della sua esistenza.
Bisogna far riaccendere la scintilla della voglia di fare, negli occhi di coloro che si sono abbandonati e arresi alla pigrizia e al lassismo, per trasformarli in indomabili guerrieri alla ricerca di possibilità e opportunità.
Non più canne al vento, ma solide sequoie secolari, in grado di resistere ad ogni tempesta e intemperia che, inevitabilmente, si presenterà durante il loro percorso di crescita, sia fisica che emotiva.
Il lavoro del Coach è quello di una bussola: guida l’adolescente verso la direzione perfetta, la giusta rotta senza comunque percorrerla per lui. Il compito sta proprio nel portare il giovane marinaio consapevole all’autoregolazione, affinché il buio possa divenire sempre luce, anche senza faro.
E per voi, com’erano, oppure, come sono i vostri vent’anni?
Rosalba Bruno